Pentedattilo è un affascinante borgo del Comune di Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria. Si trova a 250 metri di altitudine su una collina chiamata Monte Calvario. La sua forma ricorda una mano con cinque dita, da cui prende il nome, che in greco significa proprio 5 dita. Questo borgo rientra tra le Ghost town. La regione è ricca di questi centri abbandonati, infatti il mistery tourism è una potenzialità per la Calabria.
L’antico borgo calabrese è stato abbandonato nel 1971 perché era diventato inabitabile, infatti, la gente del posto si è trasferita più giù, a valle, dove è nato un nuovo centro da cui è possibile ammirare il vecchio borgo abbandonato. Di recente, il borgo è rinato, ci sono nuove attività come negozi di artigiani locali e un ristorante. Hanno apportato alcune migliorie come la ripavimentazione della strada principale e la restaurazione di alcuni edifici.
Qui si celebrano alcuni festival importanti come il festival Paleariza che celebra ogni estate la cultura greca e il Pentedattilo Film Festival che si tiene da agosto a settembre ed è dedicato ai cortometraggi provenienti da tutto il mondo.
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La storia del borgo fantasma più famoso della Calabria
Il borgo nasce come una colonia calcidese che nel 640 a.C. emerse come vivace centro economico della regione. Durante il periodo greco-romano, mantenne la sua prosperità, anzi divenne un importante centro militare grazie soprattutto alla sua posizione strategica di controllo sulla fiumara Sant’Elia, una via privilegiata per raggiungere l’Aspromonte.
Con l’avvento della dominazione bizantina inizia però il declino di questo splendido borgo a causa di continui saccheggi, prima da parte dei Saraceni e successivamente per mano del Duca di Calabria.
Nel XII secolo il borgo fu conquistato dai Normanni che lo trasformarono, insieme ai paesi di Capo D’Armi, Condofuri e Montebello Ionico, in una baronia affidata dal re Ruggero I d’Altavilla alla famiglia Abenavoli Del Franco.
Con il passare del tempo, il controllo feudale della famiglia diminuì, passando il dominio alla famiglia nobile dei Francoperta che venivano da Reggio Calabria. Nel 1589, a causa di debiti e questioni di illegittimità il feudo fu confiscato e venduto all’asta. Lo acquista la famiglia degli Alberti che diventarono così i marchesi di Pentedattilo.
La strage degli Alberti
Nella seconda metà del XVII secolo, Pentedattilo fu teatro di un tragico evento, noto come la strage degli Alberti. Le protagoniste di questa sconvolgente vicenda furono le due famiglie nobili degli Alberti, i marchesi e gli Abenavoli i baroni di Montebello Ionico ed ex feudatari di Pentedattilo.
Come si può intuire, queste famiglie erano rivali, ma verso il 1680 sembrava che le tensioni stessero diminuendo, sia perché il Viceré metteva pressione per riportare la pace in questa zona, sia perché il capostipite degli Abenavoli, il barone Bernardino, aveva intenzione di sposare Antonietta, figlia del marchese Domenico Alberti.
Nel 1685 il marchese Domenico muore e a lui successe Lorenzo che sposò Caterina Cortez, figlia del consigliere del Vicerè di Napoli. Il carro nuziale arrivò fino a dentro il borgo e Don Petrillo, rimasto qui a causa di una malattia improvvisa, si innamorò di Antonietta e chiese al marchese Alberti di sposarla, ottenendo il consenso.
La notizia però scatenò l’ira del barone Bernardino che decise di vendicarsi. La notte del 16 aprile 1686, irruppe nel castello di Pentedattilo con un gruppo armato, assassinò Lorenzo, e tutti gli occupanti, risparmiando solo alcuni membri della famiglia e prendendo Don Petrillo in ostaggio.
Dopo la strage, Don Petrillo e Antonietta riuscirono a sposarsi, ma quando la notizia giunse al Governatore di Reggio e poi al Vicerè, fu inviata una spedizione militare. L’esercito attaccò il castello degli Abenavoli, liberò gli ostaggi e catturò 7 esecutori della strage, le cui teste furono esposte sul castello di Pentedattilo.
Bernardino fuggì con Antonietta, che sposò con violenza, fuggendo prima a Malta e poi a Vienna. Divenuto capitano dell’esercito austriaco, morì durante una battaglia nel 1692.
Antonietta quindi riuscì ad annullare il matrimonio e terminò i suoi giorni nel convento di Reggio Calabria. Luca Alberti, uno dei pochi superstiti, fondò una nuova famiglia nobiliare in Sicilia dando vita a dicerie e leggende.
Dalla strage in poi
Nonostante questi tragici eventi, il dominio degli Alberti durò fino al 1760, quando il feudo fu ceduto ai Clementi, già marchesi di San Luca, e poi ai Ramirez nel 1823.
Nel 1783, Pentedattilo fu colpita da un terremoto devastante, che favorì il trasferimento della popolazione verso Melito Porto Salvo, che continuò fino al risorgimento. Nel 1811 anche il comune fu trasferito a Melito e Pentedattilo divenne soltanto una frazione.
Dagli anni ‘60, il paese fu completamente abbandonato fino agli anni ‘80, quando alcuni giovani e qualche associazione iniziarono a valorizzarlo. Iniziò così un lento processo di recupero grazie all’impegno di volontari provenienti da tutta Europa.
La mano insanguinata e altre storie
Il borgo è intriso di leggende e ombre. Tra le rocce scoscese, una mano di pietra si staglia contro il cielo, custode di antichi segreti e anime inquiete. Spesso chiamata La mano del Diavolo per le torri che sembrano dita insanguinate, secondo la leggenda.
La leggenda narra di Lorenzo degli Alberti, la cui mano insanguinata avrebbe segnato per sempre il destino di questa terra. Le cinque punte rocciose rappresentano la vendetta di un’anima tradita, e si dice che, all’alba, i raggi del sole tinga le dita di rosso, come il sangue versato durante durante la strage. Le notti di vento portano con sé lamenti e urla, facendo eco al dolore di un marchese e della sua famiglia, strappati alla vita durante il sonno.
Tra gli stretti vicoli, si sono verificati strani avvistamenti, come l’ombra di un uomo incappucciato che pare stia immobile sotto un lampione. Inizialmente scambiato per un attore, anche i visitatori che riescono a cogliere questa strana figura, preferiscono allontanarsi, anziché svelare il mistero.
Ma la leggenda non finisce qui. Le nonne del posto raccontano dell’esistenza di un tesoro maledetto, nascosto nel cuore della rocca. La profezia per recuperare il tesoro dice che solo colui che avesse compiuto cinque giri intorno alle cinque dita avrebbe spezzato l’incantesimo. In molti ci provarono, pagando con la vita la loro sete di ricchezza.
E così la mano insanguinata e le storie avvolte nel mistero persistono, sussurrando nel vento che danza tra le gole di questa terra intrisa di leggende.
Cosa vedere a Pentedattilo
Nonostante le sue piccole dimensioni, e il fatto che il borgo è abbandonato, ci sono tante cose da vedere tra i vicoletti di Pentedattilo.
Botteghe artigiane
Queste piccole botteghe artigiane sono praticamente l’anima del paese durante tutto l’anno. Le botteghe sono piene di oggetti fatti a mano, realizzati dagli artigiani del posto. Quello che li rende davvero speciali è il ripristino di coltelli antichi, originariamente utilizzati dai pastori, che vengono rimodellati con corni di capra e lame di acciaio. Ogni oggetto racconta una storia unica e offre un’esperienza davvero autentica per chi si ferma a dare un’occhiata.
La Chiesa di Pentedattilo
La Chiesa di San Pietro e Paolo ha una storia antichissima, risalente addirittura al 1310. Considerata una delle quattro chiese protopapali della zona. Nel 1655, la chiesa fu restaurata per volere dell’arciprete Domenico Toscano di Bova per il passaggio dal rito greco a quello latino.
La struttura a due navate custodisce al suo interno un’acquasantiera e una fonte battesimale del XVII secolo, oltre alla lapide del 1627 con lo stemma della famiglia Aliberti. Qui c’era anche una celebre pala d’altare attribuita a Giovan Battista Caracciolo detto anche il Battistello che raffigura gli apostoli Pietro e Paolo insieme alla Vergine in cielo. Opera rubata nel 1972 e mai più trovata.
Dopo il terremoto del 1783, la chiesa fu ricostruita perché in grave stato di degrado e nel tempo ha subito diversi interventi di restauro. L’ultimo nel 2001 quando venne anche trafugata la tela posta sugli altari.
Qui sono conservate le tombe della famiglia Alberti che con la loro storia/leggenda sanguinaria sono ancora protagonisti della storia di Pentedattilo.
I musei del borgo
I musei di Pentedattilo sono particolari perché si trovano dentro case abbandonate che sono state ripristinate quando il borgo è rinato.
Un esempio è il Mutrap, Museo delle Tradizioni Popolari che si sviluppa in due spazi distinti. La sala principale, un tempo cuore dell’abitazione con il caratteristico tinello, oggi è il cuore del museo. Sul retro è stata creata una postazione informatica per studi e approfondimenti.
Qui è possibile osservare i reperti della civiltà contadina illustrati con didascalie che contribuiscono in modo empatico al racconto del museo. Il Mutrap cattura l’incanto di Pentedattilo e narra la vita quotidiana di un’epoca passata in modo coinvolgente.
Un altro museo caratteristico è ilBergamìa, il Piccolo Museo del Bergamotto offre un viaggio esperienziale tra storia e cultura. Qui è possibile ammirare i reperti della lavorazione del Bergamotto diventati simboli della cultura materiale locale.
Oltre all’area espositiva, è possibile acquistare prodotti al Bergamotto direttamente presso il banco del museo.
Affresco Di San Cristoforo
Tra i sentieri intricati che si snodano tra le rovine nella parte bassa di Pentedattilo, spicca l'affresco di San Cristoforo. Collocato in una nicchia, è un'opera del XVIII secolo di autore sconosciuto.
La leggenda popolare narra che San Cristoforo, noto per la sua forza, tiene su una roccia inclinata a protezione delle case lungo la via di San Cristoforo a Pentedattilo. Un'immagine suggestiva che racconta di forza e protezione.